Lo smartphone ci ascolta? Cominciano ad arrivare le prime evidenze

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Bridging the Gap between Reality and Imagination

Lo abbiamo sospettato tutti, almeno una volta nella vita. D’altronde, come amava ripetere Agatha Christie, «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Dopo una conversazione in cui mostriamo interesse per qualcosa, un prodotto o un servizio, quel qualcosa magicamente si palesa subito dopo come pubblicità o consiglio per gli acquisti sulle pagine che frequentiamo.
Eppure, la tesi, contro ogni percezione, non ha mai avuto una prova, con alcune ricerche e prove sul campo che avevano dato esito negativo. Tra questi uno studio del 2018 condotto dalla Northeastern University, che aveva analizzato le 18mila app più diffuse sugli smartphone Android, senza individuare prove che facessero pensare che queste applicazioni attivassero segretamente il microfono.
L’ipotesi più prudente è che si tratti di un problema di percezione distorta causata dalla nostra attenzione selettiva verso gli annunci pubblicitari che ci interessano di più. Questo perché, da sempre, i nostri dati vengono tracciati in diversi modi su internet e sui social per creare annunci pubblicitari personalizzati in base ai nostri interessi: dai video che guardiamo di più, ai cookie e ai like che mettiamo sui social media, le impronte che lasciamo sul web sono tantissime. Così è possibile che tra questi annunci ce ne sia uno di un argomento di cui abbiamo appena parlato con i nostri amici, ma questo non significa che il nostro smartphone abbia registrato la conversazione. Coincidenze che si possono riscontrare nel mare magnum del word wide web.

La società di marketing Cox Media Group (CMG) ha ammesso di monitorare le conversazioni degli utenti per creare annunci pubblicitari personalizzati in base ai loro interessi

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Cosa è l’active listening


Oggi, però, ci sarebbe la “smoking gun”, ovvero la prova che qualcuno o qualcosa spii le conversazioni o intercetti delle “parole chiave” che servono a creare annunci mirati. A mettere l’ennesima pulce nelle orecchie è la testata 404 Media, che ha individuato una pagina web (poi cancellata) della società americana Cox Media Group (CMG) che promuoveva il servizio “Active Listening”, ovvero la capacità di identificare “conversazioni rilevanti tramite smartphone, smart TV e altri dispositivi” utilizzando l’intelligenza artificiale per consentire alle aziende locali di targettizzare gli annunci a quelle persone. La pagina sul sito CMG Local Solutions, che da allora è stata chiusa, non usava mezzi termini: “È vero. I tuoi dispositivi ti stanno ascoltando”, diceva. «Con Active Listening, CMG ora può utilizzare i dati vocali per indirizzare la tua pubblicità alle persone esatte che stai cercando».

Come funzionerebbe il servizio lo svela sempre la pagina di informazioni di CMG Local Solutions in un articolo informativo del 28 novembre (anch’esso cancellato). La sua tecnologia di «ascolto attivo» può riprendere conversazioni per fornire agli inserzionisti locali un elenco settimanale di consumatori che sono sul mercato per un determinato prodotto o servizio. Il servizio di CMG è in grado di personalizzare una campagna grazie all’ascolto di parole chiave/obiettivi pertinenti all’attività in cerca di clienti. Così, se le persone che vengono ascoltate fanno affermazioni del tipo: «Forse dobbiamo cambiare casa», riceveranno immediatamente un’inserzione relativa a vari annunci di agenzie immobiliari su Google, YouTube, Bing e altri (sempre stando a quanto scritto sul sito di CMG). Altri esempi di ciò che l’ascolto attivo può rilevare includeva, «Abbiamo bisogno di un’auto più grande?» e “Mi sento come se il mio avvocato mi stesse fregando». Il risultato, ha affermato la società, è “L’efficienza e i tempi della pubblicità portati a un nuovo livello”.

 

La smentita di Cox Media

Dopo la scoperta di 404 Media, Cox Media Group ha precisato che le sue aziende “non ascoltano alcuna conversazione, ma hanno accesso ad un set di dati aggregati, anonimizzati e completamente crittografati di terze parti che possono essere utilizzati per il posizionamento di annunci pubblicitari”. In pratica, secondo la società, l’accesso di CMG Local Solutions ai dati pubblicitari basati sulla voce viene raccolto da piattaforme e dispositivi di terze parti “secondo i termini e le condizioni forniti da tali app e accettati dai loro utenti”.

 

In pratica, secondo quando dichiarato dalla società, i dati sarebbero raccolti attraverso applicazioni che scarichiamo e che hanno legalmente accesso al nostro microfono. Nel post del blog successivamente cancellato, CMG Local Solutions discute se l’ascolto attivo è legale. “La risposta breve è: sì. È legale che telefoni e dispositivi ti ascoltino. Quando il download o l’aggiornamento di una nuova app richiede ai consumatori un accordo sui termini di utilizzo di più pagine da qualche parte nelle clausole scritte in piccolo, l’ascolto attivo è spesso incluso”, ha affermato la società nel post, che ha dichiarato di lavorare fianco a fianco con Amazon, Microsoft e Google come partner pubblicitari.

 

La posizione di Google, Amazon e Apple

Interpellati da 404 Media, Google ha dichiarato che con Android 11 e versioni successive, le app non possono accedere al microfono o alla fotocamera mentre sono in esecuzione in background, anche se gli utenti, con la loro installazione, hanno concesso l’autorizzazione esplicita per farlo (con i lunghissimi termini del servizio che non leggiamo mai). Amazon ha spiegato che «il prodotto descritto non sarebbe utilizzabile sui dispositivi Echo, perché non condividiamo le registrazioni vocali con terze parti». Apple, che proprio sulla privacy ha costruito una forte narrazione, si difende affermando che nessuna app può accedere al microfono o alla fotocamera di un iPhone o iPad senza autorizzazione, affermando inoltre che i dati raccolti per l’assistente vocale Siri «non vengono utilizzati per creare un profilo di marketing e non vengono mai venduti a nessuno». Da parte di Microsoft non è pervenuta nessuna risposta.

Tirando le somme, dove starebbe la verità? A parte il servizio pubblicizzato da Cox Media, non ci sono notizie di altre società che utilizzerebbero questo servizio per vendere pubblicità profilate. Che sia una bufala orchestrata per attrarre potenziali clienti o un servizio sperimentale, la nostra pulce nell’orecchio continua a darci fastidio.

 

 

@ilsole24ore

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